“Sono stata brava nel bosco”
un morso alla gola,
il momento in cui sono più felice
è quando soffoco dalla brutalità
gli affetti circolari, continui, profondi,
rassicuranti
blueberry fields covered with mist
campi di mirtilli coperti di nebbia
e alla fine tutti agnellini
ma io voglio scuoiare i lupi
Dinosauri psicopompi (Anterem, 2022) è fin dal titolo una discesa agli inferi. Inferi del linguaggio e di linguaggi. Il linguaggio verbale e quello visivo, incastonati l’uno nell’altro in affascinanti calligrammi a forma di dinosauro. I linguaggi della prosa e della poesia, così brutalmente giustapposti eppure così simili nelle mani dell’autrice. I linguaggi dell’inconscio e del mito.
Gli inferi di Paola Silvia Dolci hanno diversi livelli. Al primo troviamo gli inferi della psiche, quelli che portano nella sala d’attesa dello psichiatra dove si rinnova il rito dell’autocombustione fenice di ciascun paziente. Vi sono poi gli inferi delle relazioni umane, quelli che portano a dire “la tua presenza mi ha fatta sentire sola”, e gli inferi dell’eros, rito di annientamento e di rinascita spesso dolorosi.
Nella quarta di copertina, una nota di Maria Cini informa che “in un album di ironiche ‘variazioni selvagge’ gli Psicopompi, sciamani o maestri, traghettano appunti di un inconscio alfabeto che approda alla mano. […] In un regno di tracce lessicali, queste memorie dalla forma multipla, approssimativa, assertiva, impudente, si rivelano scrittura differente ritagliata / con le forbici dalla carta”.
Artista di riscritture, Dolci possiede una voce genuina, che mantiene la sua genuinità anche passando per numerose citazioni -da Canetti, da Bertolucci, da Emilio Isgrò… Artista del frammento, riesce a dare alla sua breve raccolta un’unità inconfondibile. E questa unità si realizza proprio nella deliberata rinuncia a un centro unificatore, nel volontario smarrirsi fra i ritagli.
Dolci ha una personalità rinascimentale: è ingegnere, giornalista, scrittrice, poeta, navigatrice; ha una curiosità onnivora verso la vita, ma è anche testimone dell’impossibilità, per il nostro tempo, di pensare in universali. Proprio perché personaggio rinascimentale è anzi una testimone chiave di questa sconfitta dell’epoca, di questo disarmo. Frammenti di ogni genere sembrano uscirle dal cervello come in quelle nuvolette dei fumetti in cui s’intende rappresentare l’improvvisa “perdita delle rotelle” del personaggio. Una comica forma di resa. Resa che tuttavia si consuma in forme divertite, sotto il segno di un rigoglioso vitalismo, di una ricchezza interiore che si traduce in molteplicità e gusto del patchwork. Sotto la penna di Paola Silvia Dolci, nulla è più compiuto dell’abbozzo, nulla più universale dello stralcio di diario, e nulla più serio dello scherzo. In questo sta la forza della sua parola, così originale che, più che muoversi dentro la poesia, si muove intorno alla poesia, scrivendone le cronache dai confini.